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Guerra Israele Palestina: io c’ero, dalla Shoah a Gaza la fiamma che non si spegne

Dalla Nakba del 1948 al 7 ottobre 2023, la mia testimonianza personale tra missioni, sirene e memorie custodite Oggi sento il bisogno di dirlo con chiarezza. Leggo, ascolto, osservo il dolore che ancora scorre in Medio Oriente, e non posso restare in silenzio. Ho visto la guerra con i miei occhi, l’ho respirata sulla pelle. E da militare so che ogni conflitto non nasce mai dal nulla: ha radici, responsabilità precise, scelte che hanno portato a sangue e distruzione. Quella tra Israele e Palestina non è un fulmine a ciel sereno. È una miccia accesa quasi ottant’anni fa, e da allora brucia senza sosta.  Le radici: 1945-1948.  Tutto comincia con la fine della Seconda Guerra Mondiale. Sei milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento. I sopravvissuti cercano una patria sicura. La Palestina, sotto mandato britannico, diventa il punto di approdo. L’immigrazione cresce rapidamente: dal 6% della popolazione nel 1918 al 33% nel 1947. Gli arabi palestinesi reagiscono. Già n...

Lasciato Indietro: Sudan: un paese dimenticato dalla comunità internazionale

Lasciato Indietro: Sudan: un paese dimenticato dalla comunità internazionale

Oggi non ho potuto resistere e condividere con voi la storia di un Paese di cui si parla poco nella stampa italiana. Un Paese che non è molto lontano dalle nostre mete turistiche preferite. Mi scuso se interrompo il vostro scrollare in cerca di bellezza e leggerezza e vi riporto con i piedi per terra. Ma tanto come si dice sempre meglio scrollare tanto a me non riguarda.

Il Sudan è un paese africano che vive da un anno una violenta guerra civile tra due fazioni militari rivali, che minaccia di creare la più grande crisi alimentare del mondo, secondo l’ONU. Ma perché il Sudan non riceve l’attenzione e l’aiuto che merita dalla comunità internazionale? Quali sono le cause e le conseguenze di questo conflitto?

La pagine web che ho consultato  spiegano che che il Sudan è un paese strategicamente importante, che confina con sette altri paesi africani, che attraversa il fiume Nilo e che ospita diverse risorse naturali, come petrolio, oro e minerali. Tuttavia, queste risorse si sono rivelate più una maledizione che una benedizione, poiché hanno alimentato l’autoritarismo e la corruzione, che hanno a loro volta stratificato la società e generato tensioni etniche e politiche.

Il conflitto attuale è scoppiato nell’aprile 2023, quando il generale Abdel Fattah al-Burhan, capo delle forze armate sudanesi, e il generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemedti, capo delle forze di sostegno rapido, una milizia paramilitare, si sono scontrati per il controllo del paese, dopo aver deposto insieme il governo di transizione nel 2021. Da allora, i due generali si sono resi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario, come uccisioni di civili, distruzioni di proprietà e infrastrutture, impiego di armi pesanti in aree densamente popolate e ostacoli all’assistenza umanitaria.

Il conflitto ha provocato almeno 9.000 morti e 5,4 milioni di sfollati, secondo le stime dell’ONU, e ha messo in pericolo la sicurezza alimentare di 18 milioni di persone. Alcune zone del paese, come il Darfur occidentale, sono state teatro di attacchi di massa da parte delle forze di Hemedti e delle milizie arabe alleate, che hanno preso di mira principalmente la popolazione etnica dei Massalit. Il Darfur è una regione che ha già sofferto di un genocidio e di crimini di guerra nei primi anni 2000, per i quali l’ex dittatore Omar al-Bashir è ricercato dalla Corte penale internazionale.

La comunità internazionale, tuttavia, non ha saputo reagire in modo efficace e tempestivo a questa crisi. Gli sforzi di mediazione sono stati insufficienti e hanno favorito i due generali, senza imporre loro conseguenze per le loro azioni. Le sanzioni e le azioni legali sono state troppo poche per avere un impatto. Il potere statale rimane il premio finale, che garantisce arricchimento personale e impunità. Il Sudan è diventato una classica cleptocrazia ("governo dei ladri"), e nessuno degli sforzi di mediazione ha affrontato gli incentivi nel sistema che favoriscono la violenza, la repressione e la corruzione.

Il Sudan è un paese lasciato indietro, dimenticato dalla comunità internazionale, che non ha saputo sostenere le aspirazioni democratiche e pacifiche del suo popolo, che si era sollevato contro la dittatura di al-Bashir nel 2019. Il Sudan è un paese lasciato indietro, che non ha ricevuto gli investimenti e la cooperazione necessari per lo sviluppo economico e sociale. Il Sudan è un paese che merita di più, e che ha bisogno di una soluzione politica inclusiva e sostenibile, che ponga fine al conflitto e alla fame.

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