Nuovamente ringrazio il blog la parola del
giorno. Per lo spunto del giorno.
Quante volte abbiamo usato l'espressione prendere un granchio?
A volte nella vita capita di prendere un granchio, cioè di fare un errore, un passo falso, una gaffe. Può succedere per distrazione, per ignoranza, per orgoglio, per paura. Può succedere a tutti, nessuno è perfetto. Ma ciò che conta è come si reagisce dopo aver preso un granchio. Si può cercare di correggere il proprio errore, di chiedere scusa, di imparare dalla propria esperienza. Oppure si può persistere nel proprio errore, di negarlo, di incolpare gli altri, di chiudersi in se stessi.
Io ho preso un granchio con mia figlia. Ho pensato di essere stato un buon
padre, di averle dato tutto quello che le serviva: una bella casa in una
località di mare di prestigio, una buona educazione, degli studi privati di
elevatissimo livello. Ho pensato che bastasse questo per farla felice, per
farla crescere, per farla volare. Ma mi sono sbagliato. A mia discolpa posso
dire di essere un semplice essere umano. Si sa gli uomini sbagliano ma è il
perseverare nello sbaglio che li rende diabolici. Io penso tutto sommato, anche in considerazione del mio stato di militare, di essere stato un padre sufficientemente buono secondo la definizione di Winnicot.
A suo dire non ho saputo essere coccoloso,
affettuoso, presente. Non ho saputo ascoltarla, capirla, sostenerla. Non ho
saputo comunicare con lei, condividere con lei, divertirmi con lei. E lei se
n’è andata, seguendo una narrativa che mi attribuisce le colpe della
separazione, che mi dipinge come un padre poco di buono, che mi rinnega come un
estraneo.
Ora mi rendo conto del mio granchio, e vorrei poterlo rimediare. Vorrei poterle dire che la amo, che mi manca, che mi dispiace. Vorrei poterle chiedere di perdonarmi, di darmi un’altra possibilità, di tornare a essere mia figlia.
Tornando ad Onda mia figlia, forse è troppo tardi, forse lei stavolta ha preso un altro granchio, forse lei non vuole più sentirmi, preferisce essere orfana di un padre vivo (in calce la definizione).
Per questo voglio rivolgermi a voi, giovani
lettori del mio blog, e darvi un consiglio: non prendete granchi con i vostri
genitori. Non fatevi influenzare dalle maldicenze, dalle bugie, dalle
manipolazioni. Non siate orfani di genitori vivi, non li abbandonate, non li
rifiutate. Il ruolo del genitore è di crescervi, di darvi delle prospettive, di
mettervi nelle condizioni di volare. Amate i vostri genitori, anche se non sono
perfetti, anche se non vi capiscono sempre, anche se non vi manifestano i sentimenti
come vorreste. Il genitore non è un fidanzato, un fratello, un amico. Il
genitore è il genitore, e vi vuole bene a modo suo.
Non prendete granchi, non lasciatevi indietro,
non perdete l’occasione di essere felici.
PS: Vi lascio una
definizione sul Il fenomeno degli orfani di padri vivi in generale legato al
divorzio o alla separazione dei genitori, che può generare conflitti, rancori e
accuse reciproche. In alcuni casi, un genitore può cercare di allontanare l'altroe
dai figli, denigrandolo, diffamandolo o impedendogli di vederli.
Questo può avvenire in
modo non diretto, anche non intenzionale. Ad esempio usando una frase del
tipo: "visto tuo padre o madre viaggia per lavoro e ci lascia qui sole/i si diverte e noi?". Questa tipologia di frase detta giorno dopo giorno
nell'età evolutiva della bambina/o ha lo stesso effetto del lavaggio del
cervello.
Questo comportamento può
avere gravi conseguenze sui figli, che possono sentirsi abbandonati, traditi,
confusi o colpevoli.
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