Due tragedie, una sola causa: l’abbandono psicologico. È ora di combattere contro l’algoritmo che ignora la sofferenza silenziosa.
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Viviamo in un'epoca in cui la visibilità è tutto, ma non tutto ciò che è visibile merita di essere visto, e non tutto ciò che è ignorato dovrebbe restare nell’ombra.
Due episodi recenti, l'omicidio di Sharon e la strage familiare nel milanese ad opera di un diciassettenne, mettono in luce un problema drammatico: l'abbandono psicologico di individui vulnerabili.
Sharon, come il giovane che ha ucciso la sua famiglia, rappresenta un grido d’aiuto non ascoltato, un fallimento collettivo di fronte alla fragilità mentale. Queste sono vite spezzate che avrebbero potuto essere salvate se solo ci fosse stata più attenzione, più cura, più impegno nella prevenzione e nel supporto psicologico.
In "Lasciato Indietro" chiedo con forza l’introduzione dello psicologo di famiglia. Le famiglie spesso non colgono segnali di disagio che, se trascurati, possono sfociare in tragedie. Un supporto psicologico potrebbe prevenire queste situazioni e aiutare a gestire problemi nascosti.
Ma c’è un altro elemento che non possiamo ignorare: la reazione del pubblico e, ancor di più, l’indifferenza dell’algoritmo.
Le piattaforme social spingono contenuti che suscitano emozioni forti e immediate, trascurando quelli che trattano temi complessi e delicati.
Questa è una guerra invisibile che dobbiamo combattere: una guerra contro l'algoritmo che decide chi merita di essere ascoltato e chi no.
È ora di ridare voce a chi è stato lasciato indietro e di trattare la salute mentale con la serietà che merita. Perché ogni vita conta, anche quelle che l'algoritmo ignora.
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