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"La Nuova Bambinaia: Quando la Realtà Virtuale Sostituisce i Genitori a Tavola"

"Maleducazione Digitale e le Conseguenze Psicologiche della Dipendenza dai Dispositivi Elettronici"

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"Maleducazione Digitale e le Conseguenze Psicologiche della Dipendenza dai Dispositivi Elettronici"Ieri sera, in un ristorante di un certo tono, mi sono imbattuto in una scena che mi ha lasciato perplesso e incredulo. Appena varcata la soglia del locale, un ambiente accogliente e raffinato, il mio sguardo è stato subito catturato da un ragazzino di circa nove anni, completamente immerso in un mondo virtuale. Indossava un visore di realtà virtuale e accessori alle mani, giocando in modo frenetico accanto al tavolo dei suoi genitori. La sua presenza era paradossalmente assente: fisicamente lì, ma mentalmente distante, sperduto in un universo digitale.

Mentre osservavo la scena, ho notato anche i camerieri e il maître che si scambiavano sguardi di stupore e disagio. Un ristorante dove una cena costava mediamente 50 euro a persona non è certo il luogo dove ci si aspetta di trovare un bambino impegnato in un videogioco così invasivo. "Sta facendo così da quando è arrivato", ha commentato uno dei gestori, con una nota di preoccupazione nella voce, suggerendo ironicamente che tra qualche anno dovranno attrezzarsi con spazi dedicati a questi piccoli giocatori virtuali, per evitare che si facciano male o disturbino gli altri clienti.

Questa scena mi ha riportato alla mente una frase di Giovanni Paolo II: "Non lasciate che la TV diventi la bambinaia dei vostri figli." Oggi, però, ci troviamo di fronte a una nuova versione di quella bambinaia, molto più potente e pervasiva: la realtà virtuale. Se una volta il problema era rappresentato dalla televisione, ora siamo di fronte a una tecnologia che isola ancora di più i nostri figli, togliendoli non solo dalla conversazione, ma dalla realtà stessa. Il ragazzino era chiaramente già in uno stato di dipendenza. La sua necessità di muoversi sempre di più, di avere più spazio per i suoi movimenti, non era altro che un segnale evidente di quanto fosse profondamente immerso nel gioco. Ma la responsabilità di questa situazione non è solo sua. I genitori, seduti a pochi passi di distanza, erano del tutto indifferenti, come se quel figlio isolato non fosse una loro preoccupazione. Permettere e addirittura incoraggiare l'uso di questi dispositivi in contesti inappropriati come un ristorante è una forma di abbandono mascherata da comodità. Questo bambino, di fatto, è un "lasciato indietro", proprio come quelli di cui parlo nel mio racconto autobiografico. Un bambino che, in un certo senso, è stato privato della sua infanzia, abbandonato a una realtà virtuale senza le giuste guide.

Le conseguenze psicologiche e pediatriche di questa dipendenza non possono essere sottovalutate. Numerosi studi hanno dimostrato che l'uso eccessivo di dispositivi elettronici, specialmente in giovane età, può portare a ritardi nello sviluppo del linguaggio, problemi di concentrazione e difficoltà nella gestione delle emozioni. La realtà virtuale, con la sua capacità di creare mondi completamente immersivi, intensifica questi problemi, isolando i bambini dal contesto sociale e privandoli delle esperienze di vita reale necessarie per una crescita equilibrata. Una delle conseguenze più evidenti di questo isolamento digitale è l'incapacità crescente dei bambini di partecipare a conversazioni su argomenti anche semplici e di loro interesse. Ho notato spesso come sia sempre più difficile per i ragazzi discutere di cose banali come un programma TV, una partita di calcio, o anche argomenti tipicamente infantili come giocattoli, bambole o macchinine. Questo non solo li allontana dalle interazioni sociali con i coetanei, ma li priva anche delle basi per sviluppare le loro capacità di comunicazione e di pensiero critico. Questo trend, se non contrastato, rischia di compromettere gravemente lo sviluppo cognitivo ed emotivo dei bambini. L'irritabilità, l'ansia e la litigiosità sono solo alcuni dei sintomi di questa dipendenza digitale, che può portare a problemi psicologici a lungo termine. 

Non è un caso che nel mio libro "Lasciato Indietro" parlo dell'opportunità di rimandare l'uso di smartphone e altri dispositivi intelligenti almeno fino ai 18 anni, per limitare le conseguenze psicologiche a cui sono esposti i più giovani.

Non si tratta di demonizzare la tecnologia, che ha senza dubbio molti aspetti positivi e offre opportunità di apprendimento straordinarie. Il problema risiede nell'uso e nel contesto in cui viene impiegata. La tecnologia dovrebbe essere uno strumento, non un sostituto della realtà. È la maturità e la consapevolezza con cui i genitori dovrebbero introdurre e gestire questi strumenti nella vita dei loro figli che fa la differenza. 

"Forse, siamo noi genitori a dover imparare per primi l'arte di vivere il presente, così da poterla trasmettere ai nostri figli."

Forse è giunto il momento di imporre delle regole più severe sull'uso di questi dispositivi in luoghi pubblici come i ristoranti. Così come è vietato fumare all'interno dei locali per proteggere la salute pubblica, dovrebbe essere vietato anche l'uso smodato di telefonini e visori VR durante i pasti. Alcuni locali hanno già iniziato ad applicare questa regola, ma un supporto legislativo sarebbe necessario per affrontare quella che è ormai una vera e propria dipendenza, con conseguenze tangibili sul nostro equilibrio psicofisico.

La cena fuori dovrebbe essere un momento di connessione, di dialogo, di condivisione. Non c'è bisogno di una bambinaia digitale, ma di genitori presenti e consapevoli, che sappiano guidare i loro figli attraverso le piccole ma fondamentali lezioni della vita quotidiana. È attraverso questi momenti, vissuti pienamente nella realtà, che si costruiscono le basi per una crescita sana e un futuro equilibrato.

Alla fine, ciò che davvero conta non è solo il cibo o l'ambiente, ma la capacità di vivere e godere del momento, di apprezzare la compagnia degli altri, e di insegnare, attraverso l'esempio, il valore della presenza reale, lontano da schermi e mondi virtuali.

Ci sono due giorni all’anno in cui non si può fare niente. Uno si chiama ieri e l’altro si chiama domani, perciò, oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere!”, frase del Dalai Lama.


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