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La Mineralità del Vino e le Radici di Lasciato Indietro: Un Viaggio tra Terra e Emozioni

Come la mineralità di un buon vino riflette le esperienze della vita, le sfide che ci forgiano e le storie che raccontiamo La mineralità del vino è un concetto che, per molti, suona misterioso e affascinante. Cos’è che rende un vino “minerale”? Cosa si nasconde dietro questa parola così ricca di suggestioni? La mineralità è quel carattere che, in molti vini, sembra evocare le terre da cui provengono, come un’impronta indelebile lasciata dalla natura, che si riflette in ogni sorso. Ma se pensiamo bene, la mineralità non è poi così distante dal concetto di Lasciato Indietro , il mio racconto autobiografico. In entrambi, infatti, c’è un legame profondo con la terra, con le radici e con tutto ciò che ci circonda. La mineralità nel vino si manifesta come un'energia silenziosa ma potente, una freschezza che non è mai invadente, ma che, al contrario, si fa sentire nel retrogusto, nelle note sottili che restano dopo il primo impatto. Una sensazione che ci riporta alla terra, alle sue pr...

Smart Devices e Social Media: Un Blocco allo Sviluppo Cognitivo?

 Perché l’accesso alla tecnologia dovrebbe essere limitato ai giovani fino ai 18 anni

L’uso di smartphone e social media è diventato così radicato nella nostra vita quotidiana che pochi si fermano a riflettere sulle conseguenze, specialmente sui più giovani. Nel mio libro Lasciato Indietro, ho voluto sottolineare come questi strumenti possano non solo rallentare lo sviluppo cognitivo, ma anche isolare e creare dipendenza. Alcuni esponenti di spicco, come Novak Djokovic e importanti figure della Silicon Valley, condividono queste preoccupazioni e stanno agendo di conseguenza, limitando l’accesso dei propri figli alla tecnologia.

Lo sviluppo cognitivo bloccato. Il cervello umano continua a svilupparsi per anni dopo la nascita, soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza, fasi critiche per l’apprendimento e la socializzazione. L’introduzione precoce di dispositivi intelligenti come smartphone e tablet potrebbe interferire con questo processo. Numerose ricerche dimostrano che un’esposizione prolungata agli schermi può alterare lo sviluppo delle funzioni cognitive superiori, come la memoria, la concentrazione e la capacità di risolvere problemi.

Un’indagine condotta dal National Institutes of Health (NIH) ha rivelato che i bambini che trascorrono più di due ore al giorno sugli schermi tendono a ottenere punteggi inferiori nei test cognitivi rispetto ai loro coetanei che limitano l’uso. I risultati sono preoccupanti: i giovani, abituati a ricevere risposte istantanee da parte della tecnologia, possono diventare impazienti e incapaci di mantenere una concentrazione prolungata su un’attività.

Isolamento sociale: un fenomeno invisibile. I social media, concepiti per connetterci, hanno paradossalmente isolato molte persone, in particolare i giovani. Non è raro vedere adolescenti radunati insieme, ciascuno perso nei propri schermi, piuttosto che interagire tra loro. L’apparente connessione digitale sostituisce le relazioni umane reali, indebolendo le competenze sociali di base.

Uno studio pubblicato dall’American Psychological Association evidenzia come gli adolescenti che utilizzano i social media per più di tre ore al giorno hanno il doppio delle probabilità di soffrire di solitudine cronica e depressione. La mancanza di interazioni sociali autentiche durante l’adolescenza, una fase fondamentale per lo sviluppo delle abilità sociali, può portare a una vita adulta emotivamente impoverita.

La dipendenza tecnologica: un pericolo sottovalutato. Il legame tra tecnologia e dipendenza non è un mistero. Le notifiche continue, la facilità di accesso ai contenuti e l’interazione immediata generano un circuito di gratificazione simile a quello osservato nelle dipendenze da sostanze. La dipendenza tecnologica nei giovani si manifesta attraverso l’incapacità di staccarsi dai propri dispositivi e l’ansia di rimanere senza connessione.

In Giappone, ad esempio, il fenomeno del “hikikomori”, che vede giovani auto-recludersi nelle proprie stanze per anni, è in costante aumento. Sebbene questo fenomeno abbia radici culturali, non si può ignorare l’impatto che la tecnologia ha avuto nel favorire l’isolamento.

Il caso Novak Djokovic e l’esperienza della Silicon Valley. La scelta di Novak Djokovic di non dare uno smartphone ai propri figli ha fatto discutere, ma non è un caso isolato. Numerose personalità della Silicon Valley, come i dirigenti di Google e Apple, stanno applicando restrizioni simili, nonostante (o forse proprio per) la loro vicinanza alla tecnologia. Steve Jobs, ad esempio, era noto per aver limitato drasticamente l’uso degli iPad nella sua famiglia.

Questi leader tecnologici sanno bene quanto la tecnologia possa essere potente, ma allo stesso tempo pericolosa, soprattutto se non viene gestita correttamente. Limitare l’accesso ai dispositivi intelligenti fino ai 18 anni non è una scelta drastica, ma una misura necessaria per proteggere il benessere mentale e sociale delle nuove generazioni.

Casi studio: crescere senza tecnologia. Non è un’utopia immaginare un’infanzia senza tecnologia, e ci sono casi concreti che dimostrano i benefici di questa scelta. In molte famiglie, soprattutto nei Paesi scandinavi, i genitori stanno adottando approcci più cauti con la tecnologia. In Finlandia, ad esempio, l’uso dei tablet nelle scuole elementari è limitato e viene incoraggiata l’interazione sociale, il gioco all’aperto e la lettura di libri.

I risultati sono evidenti: i bambini che crescono senza un’esposizione eccessiva alla tecnologia mostrano una maggiore capacità di concentrarsi, risolvere problemi in maniera creativa e interagire con i loro coetanei in modo più efficace.

La soluzione: educare alla tecnologia.  Nonostante i rischi associati all’uso precoce della tecnologia, il totale isolamento non è la soluzione. Viviamo in un mondo digitale e i giovani devono essere preparati a interagire con esso. La chiave sta nell’educazione. Insegnare ai bambini e agli adolescenti a usare la tecnologia in modo consapevole, limitando il tempo di utilizzo e favorendo attività che sviluppino competenze cognitive e sociali, è fondamentale.

Un possibile approccio è l’introduzione di corsi di educazione digitale nelle scuole, in cui i giovani possano apprendere non solo come usare gli strumenti tecnologici, ma anche come farlo in modo responsabile. In questo modo, la tecnologia diventa un alleato e non un nemico.

In conclusione, le preoccupazioni riguardo all’impatto della tecnologia sui giovani non sono infondate. I rischi associati a uno sviluppo cognitivo alterato, l’isolamento sociale e la dipendenza tecnologica sono reali e documentati. Tuttavia, la soluzione non risiede nel vietare completamente l’accesso alla tecnologia, ma nel trovare un equilibrio.

Il mio suggerimento, come ribadito nel mio libro Lasciato Indietro, (disponibile in diverse edizioni, Armando Ed ed originale) è di ritardare l’introduzione di smartphone e social media fino ai 18 anni, dando ai giovani il tempo di sviluppare le loro capacità cognitive e sociali senza l’influenza distruttiva della tecnologia. Nel frattempo, possiamo educare le nuove generazioni all’uso consapevole e responsabile degli strumenti digitali, garantendo loro un futuro in cui la tecnologia sia un’opportunità, non una trappola.


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