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Guerra Israele Palestina: io c’ero, dalla Shoah a Gaza la fiamma che non si spegne

Dalla Nakba del 1948 al 7 ottobre 2023, la mia testimonianza personale tra missioni, sirene e memorie custodite Oggi sento il bisogno di dirlo con chiarezza. Leggo, ascolto, osservo il dolore che ancora scorre in Medio Oriente, e non posso restare in silenzio. Ho visto la guerra con i miei occhi, l’ho respirata sulla pelle. E da militare so che ogni conflitto non nasce mai dal nulla: ha radici, responsabilità precise, scelte che hanno portato a sangue e distruzione. Quella tra Israele e Palestina non è un fulmine a ciel sereno. È una miccia accesa quasi ottant’anni fa, e da allora brucia senza sosta.  Le radici: 1945-1948.  Tutto comincia con la fine della Seconda Guerra Mondiale. Sei milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento. I sopravvissuti cercano una patria sicura. La Palestina, sotto mandato britannico, diventa il punto di approdo. L’immigrazione cresce rapidamente: dal 6% della popolazione nel 1918 al 33% nel 1947. Gli arabi palestinesi reagiscono. Già n...

La Giustizia e la Prognosi: Un Equilibrio tra Legge e Compassione

La Giustizia e la Prognosi: Un Equilibrio tra Legge e Compassione
Nel tessuto sociale italiano, la giustizia è un valore fondamentale, intrecciato strettamente con la ricerca dell'equità e del rispetto per l'individuo. Recentemente, un dibattito acceso ha investito le aule dei tribunali e l'opinione pubblica: la questione della punibilità delle aggressioni fisiche in relazione alla durata della prognosi. Secondo la normativa vigente, le lesioni personali vengono classificate in base alla gravità, misurata in giorni di prognosi. Si parla di lesioni "lievissime" quando la prognosi non supera i 20 giorni e di lesioni "lievi" tra i 21 e i 40 giorni. Ma cosa accade quando la prognosi è inferiore ai 5 giorni? La legge prevede l'applicazione dell'istituto della "particolare tenuità del fatto", che può portare all'archiviazione del caso senza conseguenze penali per l'aggressore, a meno che non siano presenti fattori aggravanti. Questa disposizione legale ha sollevato interrogativi etici e morali. Da un lato, si intende evitare la criminalizzazione di comportamenti considerati marginali, dall'altro, si rischia di trasmettere un messaggio di tolleranza verso atti di violenza, anche se di entità ridotta. La domanda che emerge è: stiamo davvero proteggendo i vulnerabili ed i "lasciati indietro" nella nostra società? È essenziale che la legge rifletta un equilibrio tra la necessità di punire i trasgressori e la comprensione delle circostanze attenuanti. Tuttavia, non possiamo ignorare il dolore e il trauma subiti dalle vittime, indipendentemente dalla durata della loro sofferenza fisica. Ogni atto di violenza lascia un segno, non solo sulla pelle, ma anche nell'anima. In questo contesto, è cruciale che il sistema giudiziario mantenga una posizione ferma e chiara contro ogni forma di violenza, promuovendo al contempo un dialogo costruttivo sulla prevenzione e sull'educazione al rispetto reciproco. La giustizia deve essere cieca, ma non insensibile; deve essere equa, ma mai permissiva nei confronti di chi infrange i codici di convivenza civile. In conclusione, mentre accogliamo la flessibilità della legge, dobbiamo anche chiederci se stiamo facendo abbastanza per sostenere coloro che hanno subito ingiustizie. La vera misura di una società civile è data dalla protezione che offre ai suoi membri più deboli. Non lasciamo che la brevità di una prognosi offuschi la lunghezza dell'impegno verso la giustizia e l'integrità morale. L'Aneddoto del Giudice e del Livido: C'era una volta un giudice così scrupoloso che, per non sbagliare mai, aveva deciso di non emettere più sentenze. Un giorno, davanti a lui comparve un caso di aggressione con un livido grande quanto un chicco di riso e una prognosi di soli quattro giorni e mezzo. Il giudice, dopo aver ascoltato attentamente le parti, si grattò la testa e disse: "Secondo la legge, questo è un caso di particolare di tenuità del fatto. Ma se io fossi il livido, mi sentirei comunque abbastanza offeso da meritare giustizia!" Così, il giudice convocò il livido a testimoniare. Il livido, con un po' di timidezza, salì sul banco dei testimoni e dichiarò: "Eccellenza, è vero che scomparirò in meno di cinque giorni, ma l'insulto alla mia integrità cromatica resterà per sempre nei ricordi della pelle che mi ospita." Il giudice, colpito dalla testimonianza, si rivolse all'imputato e disse: "Sebbene la legge possa considerare il tuo gesto di lieve entità, il livido qui presente ha espresso un disagio profondo. Pertanto, ti condanno a scusarti pubblicamente con il livido e a frequentare un corso di 'Rispetto per la Pelle Altrui'." E così, il giudice riuscì a conciliare la legge con la compassione, e il livido, soddisfatto, svanì dopo quattro giorni e mezzo, proprio in tempo per non dover pagare l'affitto della pelle.

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