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ChatGPT come "terapeuta": il conforto digitale e il vuoto umano

Perché i giovani si affidano all'intelligenza artificiale e cosa possiamo fare per non lasciarli soli Nel cuore della notte, tra le pieghe digitali di una stanza silenziosa, migliaia di ragazzi e ragazze sussurrano pensieri che nessuno ha voluto ascoltare. Non alzano la voce, non urlano, non chiedono aiuto a squarciagola. Digitano. E scrivono a una presenza che non dorme mai, che non giudica, che non scappa. Parlano con una macchina. Ma non lo fanno perché credano che essa sia viva. Lo fanno perché non c'è più nessuno, tra i vivi, disposto a restare in ascolto. Così cresce una nuova forma di conforto: un conforto algoritmico . Sempre più giovani lo cercano. Non si fidano del terapeuta in carne e ossa, del padre che tace, della madre che ha paura di vedere, degli amici che hanno troppa fretta. E allora, ogni notte, fanno domande precise, ferite, affamate. "Perché ho questo vuoto?", "Sto impazzendo?", "Perché mi fa così male l'amore?" I dati pa...

La Giustizia e la Prognosi: Un Equilibrio tra Legge e Compassione

La Giustizia e la Prognosi: Un Equilibrio tra Legge e Compassione
Nel tessuto sociale italiano, la giustizia è un valore fondamentale, intrecciato strettamente con la ricerca dell'equità e del rispetto per l'individuo. Recentemente, un dibattito acceso ha investito le aule dei tribunali e l'opinione pubblica: la questione della punibilità delle aggressioni fisiche in relazione alla durata della prognosi. Secondo la normativa vigente, le lesioni personali vengono classificate in base alla gravità, misurata in giorni di prognosi. Si parla di lesioni "lievissime" quando la prognosi non supera i 20 giorni e di lesioni "lievi" tra i 21 e i 40 giorni. Ma cosa accade quando la prognosi è inferiore ai 5 giorni? La legge prevede l'applicazione dell'istituto della "particolare tenuità del fatto", che può portare all'archiviazione del caso senza conseguenze penali per l'aggressore, a meno che non siano presenti fattori aggravanti. Questa disposizione legale ha sollevato interrogativi etici e morali. Da un lato, si intende evitare la criminalizzazione di comportamenti considerati marginali, dall'altro, si rischia di trasmettere un messaggio di tolleranza verso atti di violenza, anche se di entità ridotta. La domanda che emerge è: stiamo davvero proteggendo i vulnerabili ed i "lasciati indietro" nella nostra società? È essenziale che la legge rifletta un equilibrio tra la necessità di punire i trasgressori e la comprensione delle circostanze attenuanti. Tuttavia, non possiamo ignorare il dolore e il trauma subiti dalle vittime, indipendentemente dalla durata della loro sofferenza fisica. Ogni atto di violenza lascia un segno, non solo sulla pelle, ma anche nell'anima. In questo contesto, è cruciale che il sistema giudiziario mantenga una posizione ferma e chiara contro ogni forma di violenza, promuovendo al contempo un dialogo costruttivo sulla prevenzione e sull'educazione al rispetto reciproco. La giustizia deve essere cieca, ma non insensibile; deve essere equa, ma mai permissiva nei confronti di chi infrange i codici di convivenza civile. In conclusione, mentre accogliamo la flessibilità della legge, dobbiamo anche chiederci se stiamo facendo abbastanza per sostenere coloro che hanno subito ingiustizie. La vera misura di una società civile è data dalla protezione che offre ai suoi membri più deboli. Non lasciamo che la brevità di una prognosi offuschi la lunghezza dell'impegno verso la giustizia e l'integrità morale. L'Aneddoto del Giudice e del Livido: C'era una volta un giudice così scrupoloso che, per non sbagliare mai, aveva deciso di non emettere più sentenze. Un giorno, davanti a lui comparve un caso di aggressione con un livido grande quanto un chicco di riso e una prognosi di soli quattro giorni e mezzo. Il giudice, dopo aver ascoltato attentamente le parti, si grattò la testa e disse: "Secondo la legge, questo è un caso di particolare di tenuità del fatto. Ma se io fossi il livido, mi sentirei comunque abbastanza offeso da meritare giustizia!" Così, il giudice convocò il livido a testimoniare. Il livido, con un po' di timidezza, salì sul banco dei testimoni e dichiarò: "Eccellenza, è vero che scomparirò in meno di cinque giorni, ma l'insulto alla mia integrità cromatica resterà per sempre nei ricordi della pelle che mi ospita." Il giudice, colpito dalla testimonianza, si rivolse all'imputato e disse: "Sebbene la legge possa considerare il tuo gesto di lieve entità, il livido qui presente ha espresso un disagio profondo. Pertanto, ti condanno a scusarti pubblicamente con il livido e a frequentare un corso di 'Rispetto per la Pelle Altrui'." E così, il giudice riuscì a conciliare la legge con la compassione, e il livido, soddisfatto, svanì dopo quattro giorni e mezzo, proprio in tempo per non dover pagare l'affitto della pelle.

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